Vigilia di Natale:
Quando ero piccola, il 24 dicembre, il giorno della Vigilia di Natale, i grandi, soprattutto la nonna, facevano il digiuno dalla mattina alla sera, fino all’ora di cena. Il menù della cena doveva essere rigorosamente di magro, quindi si preparavano primi e secondi a base di pesce. Mi ricordo che quel giorno mio padre, che lavorava a Bari (città di mare), faceva mezza festa, nel senso che usciva prima dall’ufficio e ne approfittava per andare ad acquistare il capitone o le anguille, il pesce da fare in bianco, i gamberi o i gamberoni, il baccalà da preparare fritto o in umido, cozze e vongole, mentre mamma, che andava a fare la spesa al mercato del paese, si preoccupava di acquistare tutto il resto: dalle rape agli sponsali, dai carciofi ai cavolfiori per la frittura mista, dai limoni per il pesce alla frutta fresca e quella secca…
Nel pomeriggio dello stesso giorno, tornato dal lavoro (e dalla spesa!), mio padre cominciava il “rito” dell’uccisione del capitone (che abbiamo visto in questo post), rito che ci vedeva tutti in cucina, vicino all’acquaio, grandi e piccoli, per assistere a questa cruenta operazione!
Noi bambini restavamo meravigliati e stupiti nel vedere che questo pesce ormai tagliato in tanti pezzi, nonostante non avesse più la testa, nonostante fosse stato lavato e infarinato, continuasse a muoversi e a saltare e, ancora più esterrefatti lo vedevamo torcersi e guizzare quando veniva buttato nell’olio bollente; in quel preciso momento si levava un coro: “ma com’è possibile, ma guarda, si muove ancora, poverino, chissà se soffre”…A calmare tutte queste voci che si sovrapponevano le une alle altre, ma che dicevano tutte la stessa cosa, c’era sempre mio padre che ci confortava con le sue spiegazioni pseudoscientifiche dicendo che quella era solo una reazione fisica che comunque il capitone non soffriva, era solo una questione di nervi! Poi si andava avanti col cucinare tutto il resto e ognuno cercava di dare il suo contributo, perché tutto fosse pronto per l’ora di cena.
Natale:
Il giorno di Natale, invece, si mangiavano piatti a base di carne: pasta al ragù, agnello al forno o alla cacciatora con contorno di patate, rape stufate, insalata verde, frittura mista di carciofi, cavolfiori, lampascioni, .. per poi passare a tutto quello che non si era consumato la sera prima. Si passava quindi, con la pancia strapiena, alla frutta fresca, quasi sempre locale, e a quella secca (mandorle, noci, datteri, fichi secchi farciti e non, ecc.) per poi arrivare finalmente al dolce.
Allora da noi, si sentiva solo vagamente parlare di panettone, un dolce che si mangiava nella lontanissima (per quei tempi) Milano; del pandoro, invece, se ne ignorava completamente l’esistenza! I nostri dolci, preparati a casa in quella bellissima atmosfera che si creava nell’attesa del Natale, con noi bambini che giravamo da una stanza all’altra, grazie alla chiusura delle scuole, erano cartellate, mostaccioli, cazoncelli, paste reali, pettole, torroni e torroncini, pirottini di mandorle e, tutto preparato in casa con la collaborazione di grandi e piccoli.
Insieme a questo mio ricordo del Natale, ricordo che ho voluto condividere con voi, vi lascio i link ai Piatti Tradizionali di Natale che ho menzionato e che si preparano nella mia regione (in particolare a Bari e dintorni): Auguri!
spaghetti alle vongole – spaghetti alle cozze – merluzzo in bianco – capitone fritto – focaccia di patate – panzerotti fritti – pizzette di pasta cresciuta – cime di rape stufate con le cipolle lunghe – lampascioni – polpo – gamberoni – baccalà in umido – baccalà fritto – baccalà al forno – agnello al forno – agnello in umido – cartellate – mostaccioli – torroncini di mandorle – pasticceria di mandorle – mandorle atterrate (praline) – pirottini di mandorle
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